sabato 28 maggio 2011

Risposte

7 giugno 2011

---Risposta a D.L., P.S., e a coloro che ne vogliono sapere di più su Depressione

Cerco sempre di garantire l'anonimato, tant'è, come richiesto, non ho pubblicato i post e uso le iniziali dei nomi.
Entriamo in argomento.
Depressione è la condizione patologica cui va incontro nel corso della vita tra il 7 e il 15% delle persone. Può insorgere anche senza un evento scatenante.
Molti personaggi illustri del passato ne hanno sofferto: Aristotele, Dante, Shakspeare, Churchill, Lincoln, Wolf, Freud stesso, ecc. Innanzi tutto è necessario distinguere tra:
# Condizione clinica chiamata DEPRESSIONE
# Tristezza normale che possiamo chiamare DEMORALIZZAZIONE
La Demoralizzazione è il dolore psichico, del tutto comprensibile e proporzionato, che consegue a un evento esistenziale sfavorevole; colpisce il 100% degli esseri umani, in genere più volte nel corso della loro esistenza. La tristezza è un'esperienza del tutto fisiologica la cui intensità e durata sono proporzionate all'entità dell'evento  sfavorevole.
Di solito è sufficiente il sostegno familiare, di amici, talvolta va bene un supporto psicologico.
La DEPRESSIONE, invece, è una condizione patologica e ne soffre tra il 7 e il 15% delle persone non sempre si connette ad una causa scatenante (qualche volta non c'è), può insorgere infatti senza che ci sia un evento scatenante. In altri casi può conseguire ad un evento ma, a volte, appare sproporzionata rispetto ad esso per intensità e durata della risposta. Il grado di compromissione può riguardare il funzionamento sociale e lavorativo anche in questo caso si riscontra una risposta sproporzionata.
Nelle donne la depressione è due volte più frequente che negli uomini; l'appartenenza ad una famiglia incui sono stati accertati casi di depressione si associa ad un rischio maggiore di sviluppare la patologia.
Le conseguenze della confusione tra Depressione e Demoralizzazione possono essere assai diverse. Ci sono tante figure di personaggi pubblici che fanno un bel parlare di come siano riusciti a venire fuori dopo essere stati colpiti dalla depressione, fanno affermazioni di "forza di volontà", "calore famigliare", "sostegno di amici", ecc. Bene, questo è un messaggio, una sorta di falso proclama, che può essere estremamente dannoso, per giunta ci troviamo di fronte un altro equivoco che andrebbe chiarito; detto equivoco nasce dal fatto che la Depressione viene spesso considerata una condizione che si manifesta e si cura sempre allo stesso modo. Non è così.  Attenzione poi alle cure fai da te, grazie a suggerimenti di amici che  "sono passati prima di...".
In realtà non esiste la Depressione, esistono le Depressioni, cioè una gamma di condizioni depressive che si manifestano in maniera differente. A questo punto dobbiamo prendere in considerazione una linea che porta agli estreni due condizioni tipiche:
> la Depressione Maggiore  >  Melancolica
> la Depressione Minore     >   Ansiosa
Queste due condizioni hanno una componente biologica che risulta più importante nella Depressione Maggiore Melancolica e in questo caso il ruolo dei farmaci è essenziale.
Nella Depressione Minore Ansiosa prevale la componente Psicosociale e quindi le psicoterapie riusciranno efficaci
Purtroppo l'equivoco è alimentato continuamente dai mezzi di informazione che non danno informazioni sufficienti  e adeguate. In effetti nei tanti dibattiti televisivi e sulla stampa, emerge periodicamente la diatriba tra chi sostiene che la Depressione è una malattia del cervello e quindi va curata con psicofarmaci, e chi sostiene che è una condizione esistenziale e quindi va curata con le psicoterapie. Così accade che i trattamenti specifici non vengono praticati, se non interrotti.
Manifestazioni della Depressione Maggiore Melancolica:
> profonda depressione del tono dell'umore
> la persona di solito esprime verbalmente e manifesta con la mimica e il comportamento, un vissuto di profondo dolore psichico, prostrazione, disperazione.
Sintomatologia:
a) questo tipo di depressione differisce dalla tristezza normale sia dal punto di vista (pdv) qualitativo (es. la persona è in grado di affermare che il suo attuale dolore psichico è di natura differente da quello provato in passato, dopo p.e., la morte di una persona cara); sia dal pdv. quantitativo: intensità e durata.
b) marcata riduzione o scomparsa dell'interesse e del piacere in tutte le attività
c) la persona parla poco, risponde a monosillabi, si muove lentamente
d) mancanza di energia, eccessiva affaticabilità
e) sentimenti di inadeguatezza, di inutilità, di disperazione. Nei casi più gravi ci possono essere idee di colpa (ci si accusa di azioni gravi che in realtà non sono state commesse), di rovina (l'individuo è convinto che una catastrofemincombem su sè stesso e i suoi familiari). I deliri sono non raramente all'origine di quei casi drammatici di omicidio-suicidio di cui parlano le cronache: la persona uccide il coniuge, i figli e po si toglie la vita.
f) mancanza di appetito e perdita di peso ponderale
g) disturbi del sonno (insonnia) per lo più consistente in un risveglio notturno precoce
h) difficoltà a concentrarsi e a ricordare
i) desiderio di morire, e nei casi più gravi, veri propositi e tentativi di suicidio
l) tendenza ad un peggioramento della sintomatologia al mattino
Insorgenza Depressione Maggiore Malincolica:
Spesso insorge come un fulmine a ciel sereno, in altri casi ci può essere uno evento scatenante ma, a ben osservare, il quadro appare decisamente sproporzionato a qull'evento tanto che nella mente della persone l'evento passa in secondo piano.
La depressione tende a recidivare; il decorso della malattia appare poco influenzato dagli eventi ambientali. Accenno al DIsturbo Bipolare: In questodisturbo, la persona ha, nel corso della propria vita, oltre a uno o più episodi depressivi, anche uno o più episodi di eccitamento (chiamati maniacali): wuforie non motivata, iperattività, loquacità eccessiva, idee grsndiose, affari incauti, spese esagerate, aumento del desiderio sessuale.
Nella Depressione Maggiore Melancolica, specialmente nelle forme bipolari, è frequente la familiarità.
Sintomatologia Depressione Minore Ansiosa
a) Depressione del tono dell'unore meno marcata rispetto alla forma melancolica maggiore
b) ansia accentuata, in parte somatizza, espressa attraverso dolori e fastidi fisici a vsaria localizzazione di cui il soggetto si lamenta ripetutsamente ed appare assai preoccupato
c) pessimismo e sentimenti di incapacità e inutilità ma in assenza di ideee di colpa o di rovina
d) tendenza ad autocompiangersi e a incolpare gli altri delle proprie condizioni
e) può essere presente l'insonnia ma è differente da quella della depressione maggiore melancolica. Si tratta, infatti, di una difficoltà ad addormentarsi e di una fragilità del sonno, con frequenti risvegli nel corso dela notte
f) irrequietezza motoria, astenia, affaticabilità, irritabilità, apprensività, disturbi della concentrazione, sensazione di avere la mente vuota.
Il decorso è cronico o sub-cronico, con  remissioni e riaccensioni, spesso in rapporto ad eventi esterni, La familiarità è meno frequente che nell'altra forma depressiva. La risposta ai farmaci è meno marcata e costante, mentre risulta migliore la risposta alle psicoterapie.
I fattori predisponenti sono:
 Biologici: Familiarità
Psicologici:uno stile cognitivo caratterizzato da tendenza a vedere negativamente se stesso, il
                mondo, il futuro.
Sociali:      eventi precoci di separazione, perdite riguardanti soprattutto una figura genitoriale,
                episodi precoci di abuso fisico o sessuale.
Le malattie fisiche croniche o invalidanti possono contribuire a scatenare un episodio depressivo, cos' come alcuni periodi della vita riproduttiva della donna - soprattutto il puerperio - anche l'uso di alcuni farmaci, es: antipertensivi, i cortisonici, i contracettivi orali, può favorire l'insorgere della depressione.
Le Cure:
Il primo passo è rappresentato dalla caratterizzazione del singolo caso: si tratta di Dep.Magg. Mel. o di Dep.Min. Ans Si tratta di una forma Unipolare o Bipolare? Il soggetto ha avuto altri episodi? A questo punto è necessario esplorare come sono stati tratti i precedenti episodi e quale è stata la risposta al trattamento. Poi bisogna valutare i diversi fattori predisponenti, precipitanti e protettivi nel singolo caso. E' importante tenere conto delle condizioni fisiche della persona come: patologie cardiovascolari, epatiche, renali che possono influenzare la scelta del trattamento farmacologico. SUlla base di queste valutazioni si decide se attuare solo un intervento farmacologico o solo psicoterapeutico o una combinazione di entrambi.
Dr.ssa Donatella Steck

28 maggio 2011
Sull'Energia Psichica
Risposta a M.G. che ha richiesto ulteriori chiarimenti su: Energia Psichica.
Invece le rispondo molto volentieri perché, confesso, le sue domande sono  stimolanti. Sono peraltro anche un ottimo feedback e a me serve tantissimo.   
  Il titolo della lezione è Concetto di Energia - Libido (Freud) Energia (Jung). Anno  2006/2007,     pag. 27-32;36-39
Riassumo rapidamente Devo precisare che, come molti altri concetti teorici junghiani, anche quello di libido subisce diverse revisioni.                   
La teoria freudiana della libido venne formulata sulla base delle ricerche sul dinamismo dei processi psichici e dal lavoro sull'organizzazione sulla libido. I contrasti tra Jung e Freud hanno inizio proprio da qui. Lo psichiatra svizzero si opponeva alla teoria così formulata perché avvertiva l'esigenza di un concetto che fosse indipendente dalle specifiche manifestazioni della libido.          
Posso dirle, piuttosto velocemente, che Jung criticava fortemente e in maniera decisa due aspetti: il primo, secondo lui, riguardava il fatto che Freud non separasse sufficientemente energia vitale e energia libidica, e ciò ne limitava l'utilità; il secondo, riguardava il fatto che il concetto freudiano fosse strettamente connesso e fondato sui fenomeni concreti come pulsioni, istinti, sessualità, e quindi  per Jung, non era adatto a spiegare in modo adeguato e coerente i cambiamenti dinamici della libido. Pertanto, sostiene Jung, se si vogliono capire i meccanismi della energia Psichica è necessario fare una distinzione da quelli dell'energia biologica, per questo motivo viene proposto il termine, di più ampio respiro, Energia vitale .
Per Freud Libido è energia corrispondente all'aspetto psichico della pulsione sessuale, Jung usa il termine per designare l'energia psichica in generale presente in tutto ciò che è "tendenza verso e non necessariamente sessuale. Ora non posso fare una lezione via Internet, ma posso dare alcune piccole specifiche che si basano sulle differenze dei due studiosi, perché è a partire da qui che si può comprendere questo concetto che fa impazzire tutti. 
                    
Freud scriverà tre studi sulla libido. Jung fa diversi accenni nei suoi scritti, in particolar modo in Io e l'InconscioSimboli della Trasformazione poi divenuto Libido simboli e trasformazioni, Tipi Psicologici, Aion, ecc. Devo dire che in Opere di Jung trova un po’  da per tutto il concetto di Libido.                   
Jung considera assai riduttiva la connotazione sessuale con cui Freud aveva caratterizzato la libido, preferendo invece "intendere con questo termine un valore suscettibile di comunicarsi a una sfera qualsiasi di attività: potenza, fame, odio, sessualità, religione, senza essere uno istinto specifico" L'ho ripreso dagli scritti che vanno dal 1912 al 1952. Un'altra differenza tra i due studiosi riguarda lo scopo. per lo svizzero la libido non può essere letta solo in termini causali, ma soprattutto finalistici, nel senso che è un "tendere a",un "evolvere verso" un'organizzazione migliore della personalità. La libido Progredisce o Regredisce, La regressione, per esempio è condizionata dalla fissazione alla madre; dal punto di vista finalistico però la libido regredisce all'imago materna per ritrovarvi le associazioni mnestiche attraverso le quali può verificarsi l'evoluzione da un sistema sessuale a un sistema spirituale.                
A parte ciò, la nozione di Libido è utilizzata anche per spiegare la tipologia psicologica e in particolare tra introversione e estroversione. L’Introversione è il "volgersi della libido verso l'interno- rapporto negativo del soggetto con l'oggetto. "L'interesse non si muove verso l'oggetto, ma ripiega sul soggetto", in altre parole non si evidenzia una progressione ma una regressione.
Infatti con Estroversione Jung indica
"il volgersi della libido verso l'esterno. Con questo indico un esplicito riferimento del soggetto all'oggetto, nel senso di un movimento positivo dell'interesse verso l'oggetto" (scritti del 1921, pag. 438 e pag. 466). 
L'energia vitale di cui parla lo psichiatra svizzero, è il  "tendere a". In sostanza non gli era affatto sufficiente la teoria degli istinti e delle pulsioni. Si domandava cosa ne fosse di tutta la libido che non veniva bloccata dalle nevrosi o dai sintomi. E non si poteva chiudere il discorso solo come l'istinto sessuale verso la propagazione della specie o come spinta all'autoconservazione o come impulso a soddisfare i bisogni primari.   Troppo riduttiva non trova?   
Egli pensava la libido come un valore energetico suscettibile di comunicarsi da una sfera qualsiasi di attività: fame, odio, amore,sessualità, religione, ecc. senza essere per questo un istinto specifico. D'altra parte era convinto che la libido originariamente è destinata alla produzione di ovuli e sperma, una volta stabilmente organizzata in questa funzione, cosa accade? Non è che si esaurisce, giusto? Allora sarà, ad esempio, trasferita verso la costruzione del nido e sarà più adeguata a questo impiego e a nessun altro. Ma la costruzione del nido come va intesa? Come desiderio? come Aspirazione? Ecco,  arriva la formulazione di una ipotesi che fa dire a Jung che ogni aspirazione e ogni desiderio devono essere considerati come fenomeno energetico.
Egli si domanda se veramente la libido è solo sessualità e/o erotismo, allora che dire dei "castrati"?E' vero che in loro è soppresso proprio l'interesse "libidico" per la realtà, ma questo non vuol dire che reagiscono con sintomi nevrotici o con la schizofrenia che ben sappiamo essere connessa alla perdita del senso di realtà; ciò che viene a mancare, sostiene Jung, è qualcosa di più del semplice interesse erotico.           .
"Se si volesse spiegare la perdita di rapporto, la dissociazione schizofrenica tra l'uomo e il mondo, unicamente con il ritiro dell'erotismo ne risulterebbe quell'inflazione del concetto di sessualità che è caratteristica precipua della concezione freudiana." (il concetto di libido pag. 137-vol.5).
Per quanto riguarda il quesito che ha posto circa la volontà posso dire che Jung si rifaceva al concetto di volontà enunciato da Schopenhauer, e così articolato: noi possiamo cogliere interiormente solo come volontà o desiderio o impulso un movimento percepito dall'esterno. In filosofia questo immettere nell'oggetto rappresentazioni psicologiche, viene definito Introiezione e mediante questa, l'immagine del mondo viene resa sostanzialmente soggettiva. ....."A questa stessa introiezione il concetto di forza deve la sua esistenza”.             
La volontà  (Il mondo come volontà e rappresentazione, I,§ 23 Schopenhauer), come cosa in sé differisce completamente dalla sua manifestazione fenomenica ed è assolutamente indipendente dalle forme di quest'ultima, che essa assimila solo quando si manifesta, e che quindi concernono solo la sua estrinsecazione obiettiva, ma sono estranee alla volontà stessa".
 Mi viene in mente Plotino quando dice che l'anima del mondo è l'energia dell'intelletto.
Torniamo  alla libido. Il punto di vista energetico comporta, secondo Jung, la liberazione dell'energia psichica dalle angustie inerenti ad una definizione tout court.
Insomma, nel rilettura junghiana, si arriva a comprendere che l'esperienza, che egli ha fatto presso lo spedale psichiatrico per ben 9 anni, mostra come i processi istintuali, di qualsiasi genere, possono spesso assurgere a un grado particolare - da lui definito straordinario - di intensità grazie un afflusso d'energia, qualunque sia l'origine di questo. e ciò vale non solo per la sessualità ma anche per la fame, per la sete e...perciò una sfera istintuale può perdere temporaneamente il suo potenziale energetico a beneficio di un'altra sfera, e questo è valido per tutte le attività psichiche. E' vero che l'istinto è una manifestazione vitale misteriosa e di carattere sia psichico che fisiologico. Appartiene alle funzioni più conservatrici della psiche ed è difficile se non impossibile modificarlo
.
Dice Jung che i disturbi di natura patologica e inerenti l'adattamento -le nevrosi ad esempio - vanno spiegati più con l'atteggiamento del paziente nei riguardi dell'istinto che con una modificazione di quest'ultimo. Le forze motrici della nevrosi derivano da ogni sorta di caratteristiche congenite e di influenze ambientali e insieme producono un atteggiamento che rende una condotta di vita poco soddisfacente  agli istinti.     
Quindi per tornare alla ipotesi iniziale di Jung, egli sostiene che non è l'istinto sessuale ma una "energia in sé neutra" che spostandosi verso, tendendo a, è responsabile della formazione di simboli.
Jung si rifà al concetto espresso da von Grot, forse il primo a parlare di una energetica psichica, e userà alcune sue formulazioni:  Le energie psiche sono quantità e grandezze analoghe alle energie fisiche; esse sono reciprocamente trasformabili l'una nell'altra, in quanto forme diverse del lavoro psichico e della potenzialità psichica; possono essere trasformate in energie fisiche e viceversa grazie all'intervento dei processi fisiologici. Gli eventi psichici possono essere considerati da due punti di vista: Meccanicistico puramente causale e  Energetico  -  finalistico che tende a un fine.                      
Secondo il pdv meccanicistico un evento è conseguenza di  una causa; sostanze immutabili modificano i loro rapporti reciproci seguendo i principi delle leggi costanti; la sostanza si muove nello      spazio.
Il pdv energetico afferma che per comprendere l'evento psichico bisogna partire dalla conseguenza per arrivare fino alla causa: alla base delle modificazioni e sotto i fenomeni, c'è energia che si mantiene costante e che conduce entropicamente ad uno stato di equilibrio generale.            
L'Energia ha un decorso e segue una direzione definita (fine), non va concepita come una sostanza che si muove nello spazio; è un concetto astratto preso a prestito dalla teoria delle relazioni di moto, afferma che alla base non ci sono sostanze ma le loro relazioni.
 Siccome è impossibile pensare che una medesima concatenazione di fatti sia insieme causale e finale, dobbiamo attenerci al concetto che i principi interpretativi sono modi di concepire le cose,
vale a dire, i fenomeni propri dell'atteggiamento psicologico dei differenti studiosi. Perciò ogni fenomeno permette sia una interpretazione meccanicistico-causale, sia una interpretazione energetico-finale. Energia fisica, psichica sono entrambe legittime.        
La nostra psiche possiede un sistema di valutazione detto sistema di valori psicologici - oggettivi e soggettivi - e sono valutazioni quantitative energetiche. Nell'esperienza l'energia è sempre specifica come Moto e Forza quando è attuale; come situazione o condizione quando è potenziale.
Quando è attuale, l'energia appare nei fenomeni dinamici della psiche (pulsione, desideri, volontà, affetto, attenzione, capacità  di lavoro, ecc); quando è potenziale, l'energia appare nelle specifiche conquiste, possibilità, disposizioni, atteggiamenti ecc. che sono appunto condizioni.
Nei suoi studi Jung non finirà mai di sostenere che per comprendere la psiche e il suo funzionamento è necessario riconoscere che la psiche si configura sempre come una totalità composta di parti interrelate. Tuttavia tale concetto non esclude assolutamente la relativa indipendenza  delle    parti .
Queste componenti indipendenti della psiche mostrano una propria spontaneità che Jung chiamerà Complessi Autonomi.
Spero di avere risposto a tutti i quesiti posti.
Dr.ssa Donatella Steck

domenica 22 maggio 2011

Sull'Ombra



Appunti sull’Ombra

Dentro ognuno di noi si muove guardinga un'Ombra. Dietro la maschera che ogni giorno indossiamo, per nostro compiacimento o per quello altrui, occultato abilmente dietro il volto, il sorriso, le diverse espressioni mimiche che "esponiamo" al resto del mondo, vive un lato della nostra personalità. Tutti i giorni - quelli della luce - ripetiamo in modo automatico sempre lo stesso rituale nevrotico. Ma quando cala il sole e sorge la luna, la notte si avanza e ci abbandoniamo, senza le corazze difensive, al sonno, quell'immagine umbratile si affaccia e ci chiede un confronto vis à vis: è l'Ombra che attraverso i sogni ci rivela la nostra vita non vissuta.
Ciascuno di noi ama costruirsi un'immagine di sé: ci piace immaginarci, intelligenti, generosi, capaci, con un buon carattere, rispettosi, bravi padri, brave madri, bravi studenti, dotati di particolari qualità, ecc.
In realtà, presa nel suo insieme la personalità possiede altre qualità di natura inferiore e di cui nonsiamo affatto consapevoli e coscienti. Il nostro lato Ombra ci pone faccia a faccia con tali qualità inferiori: brutalità, tradimento, crudeltà, violenza, odio, astio, cinismo, invidia, gelosia, ecc. e lo fa attraverso le immagini oniriche.
Jung teneva in grande considerazione l’”acquisizione della coscienza” che la comparava, usando un linguaggio metaforico, al più squisito frutto dell’”albero della vita” (Realtà dell’Anima,1933), pur riconoscendo che, senza alcun dubbio, il processo della coscienza, gettava il seme della frantumazione della continuità della Personalità totale, della dissociazione delle parti superiori dalle parti inferiori.
Ad evitare possibili malintesi, è bene fare una puntualizzazione. Quando Jung parlava di tali parti inferiori della personalità si riferiva a quelle che presentavano già tutte le caratteristiche attribuite ai complessi (ved. Complesso dell’IO-Costellazioni), questi frammenti inferiori, a differenza del “rimosso” freudiano, presentavano un certo grado di organizzazione e centralizzazione (Nucleo centrale). Altra, e necessaria, precisazione va fatta anche per la nozione junghiana di opposizione di parti inferiori e superiori della personalità che non coincide con la distinzione fatta da Freud tra processi primari e processi secondari.
Indagando la psicologia junghiana si evince che la parte inconscia della personalità non è né “liberamente mobile”, né soggetta al principio di piacere, ma è subordinata all’organizzazione della personalità totale, così come per i processi coscienti.
Il frammento di personalità inferiore, separato dall’IO, per la psicologia junghiana si manifesta principalmente nell’Ombra (L.Frey-Rohn, 1961). Scrive Jung (Psicologia dell’inconscio, vol.7,pag.67, nota 5) che con il termine “Ombra intendo il “lato negativo” della personalità, e precisamente la somma delle caratteristiche nascoste, sfavorevoli, delle funzioni sviluppatesi in maniera incompleta e dei contenuti dell’inconscio personale”.
L’Ombra personale, stando alla interpretazione data da Jung stesso, è una parte inferiore della personalità, un segmento includente i tratti delle qualità inferiori e indifferenziate; sono tratti deficitari e spesso negativi. Nel 1917 descrive in modo alquanto suggestivo questo aspetto della personalità umana accostandolo ad una sorta di alter ego […….]”è ”un altro”, un uomo reale che pensa, fa, sente e aspira a tutto ciò che è riprovevole e degno di disprezzo […]. L’uomo integro però sa che anche il suo più spietato nemico, anzi un’intera schiera di nemici, non vale […],quell’unico tremendo avversario, quell’”altro” che è in lui, che “abita nel suo petto””. Insomma un
pericoloso mister Hyde alberga in ciascuno di noi.
L’Ombra è “qualcosa di inferiore, primitivo e comprende qualità inferiori, infantili e primitive”, sono qualità che per certi versi rendono l’esistenza dell’uomo, se vogliamo, “più vivace e più bella” ma, senza alcun dubbio, “urtano contro regole consacrate dalla tradizione”.
Tuttavia Jung sottolinea che l’Ombra è “negativa” soltanto dal punto di vista della coscienza, perché, e ciò è essenziale per la psicologia junghiana, non comprende solo quei contenuti giudicati incompatibili con i valori sociali come afferma la teoria freudiana, ma contiene allo stato potenziale anche valori della più alta moralità ancora sconosciuti per l’IO o non ancora riconosciuti da esso.
Quindi, Jung era dell’idea che l’Ombra non fosse negativa, al contrario, in essa vedeva una prospettiva di potenzialità costruttiva per uno sviluppo futuro; talvolta nell’Ombra c’è un lato nascosto che la società può valutare in termini positivi, ma giudicato ancora inferiore dall’individuo. Perfino nei contenuti più sottovalutati e inferiori della psiche inconscia, Jung coglieva sempre il seme della trasformazione da cui poteva nascere qualcosa di positivo nel futuro.
L’Ombra non è solo esclusa dalla coscienza, perché inaccettabile e incompatibile con i suoi valori,ma è anche soggetta a inibizione (resistenza) da parte della coscienza stessa, e in generale, meno differenziata, se non di natura inferiore.
Alla stessa maniera dei complessi, essa incorpora sia la tonalità affettiva che la rappresentazione e,come parte integrante del normale sviluppo della personalità, non è soggetta a meccanismi di separazione e sostituzione (come la rimozione freudiana), né ad una modificazione dell’investimento libidico. A parte il suo carattere inconscio, la personalità inferiore presenta i medesimi contenuti di quella superiore, vale a dire idee, pensiero, immagini e giudizi di valore.
Così è evidente che l’Ombra non è sempre patologica, ma può assumere caratteristiche della malattia mentale sotto l’influenza di atteggiamenti aggravanti, come ad esempio fenomeni di blocco dovuti a regressione. Inoltre si manifesta nella sua incessante attività immaginativa sia diurna che notturna e nella fenomenologia del mito, delle fiabe, del racconto fantastico, del romanzo e della poesia. Il termine e il concetto Ombra sono rintracciabili, talvolta anche con riferimenti indiretti, in Trasformazioni e simboli della libido, in Psicologia dell’Inconscio, in Tipi psicologici.
In Tipi Psicologici, ad esempio, Jung fa esplicito riferimento all’insieme delle funzioni e degli atteggiamenti non ancora sviluppati nella personalità. Più interessante ancora, è l’indicazione che il “lato oscuro” e inconscio viene accolto dal simbolo tramite la sua organizzazione compositiva e assimilatrice. Pertanto, una volta arricchito di nuovi significati, il termine Ombra ricorre in tutta l’opera junghiana e nei diversi ambiti nei quali la mente fervida e curiosa e attenta dello psichiatra svizzero si è cimentata.
Per fare un esempio:  Storia delle religioni }L’ombra da sinonimo di inconscio personale si
                               Mitologia comparata }carica di significati extraindividuali divenendo
                                 Etnologia, Alchimia }immagine di uno dei molteplici archetipi dell’inc.coll
Infine, l’Ombra si interfaccia e si intreccia con tematiche esistenziali, di cui il Male è solo una delle molteplici forme.
 

Caratteri dell'Ombra
                                                            
Concetto Ombra:
  colto nel senso empirico ha differenti significati :                  
 1 parte personale                        Si trovano in relazionedinamica tra loro:
 2 significato archetipale           1) lato non accettato
 3 immagine archetipale            2) archetipi vita psichica
                                                       3) veicolo emozioni connesso a rifiuto della coscienza di qualcosa che è
                                                              comunque valore.

Metafora:         nella metafora si colgono 2 differenti  caratteri:          
1 capacità evocativa :    Immaginale.Nonostante gli sforzi per allontanarci  da aspetti a noi sgraditi,
                                           l'Ombra  mostra lo stesso la sua  presenza con emozioni, immagini,

2 polisemia indefinita:   Diversi, indefiniti contorni semantici, l'Ombra assume diverse accezioni : es.
                                           corpo opaco, oscuro: tenebra, privazione di luce, luce indiretta;
                                           linea di confine, ecc.
                 
                
                                                             
                                                                       
Dr.ssa Donatella Steck   
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mercoledì 18 maggio 2011

Complesso dell'IO e sue costellazioni

Questo  post è solo una prima parte che sarà ampliata in seguito; è un argomento complesso che merita di essere trattato attentamente.

A partire da Freud che mise l’accento (anche sotto la spinta e l’influenza di Charcot) sulle cause del trauma psichico nello sviluppo delle nevrosi, Jung prese le mosse per le sue ricerche e le sue osservazioni, prima presso l’ospedale psichiatrico Burghölzli, in seguito le trasferì anche nella sua attività privata. Ebbene le ricerche di Freud furono indirizzate soprattutto sulla possibile relazione tra trauma e sintomo, e valutò trauma uno shock psichico che il soggetto, per motivi connessi all’incompatibilità con i propri concetti consci, non poteva affrontare. Sin dalle prime battute, il focus principale di Freud girò attorno alla considerevole potenza dell’azione reciproca fra tendenze opposte; si parla di un meccanismo per cui la tendenza più forte fa scattare la difesa contro l’esperienza carica di affettività ovvero della difesa che ricaccia l’affetto nell’inconscio: la rimozione Il concetto di rimozione già formulato da Herbart condusse, dal pdv dinamico, alla formulazione dell’ipotesi di un meccanismo di dissociazione o, in altre parole, della separazione dell’irritazione globale dall’evento correlato; dal pdv del contenuto, invece, ne derivava la formazione di un nucleo inconscio di malattia (L.Frey-Rohn, 1984).
Dunque, una delle scoperte del dr. Freud, impossibile ignorarla da parte della psicologia, fu proprio  nel trovare che – e Bleuler lo mise correttamente in rilievo -  gli “affetti deragliati” persistono nell’inconscio conservando tutta la loro energia. Poi, sempre Freud, mise l’accento che, con ogni probabilità e di uguale importanza, invece di un conflitto più o meno conscio tra l’IO e il trauma, si sviluppava una forma di opposizione/lotta inconscia responsabile della formazione (sostitutiva) del sintomo; la forma assunta –conversione, proiezione o trasposizione – dipendeva dal tipo di situazione conflittuale sottostante. Altra “invenzione” fu la tecnica della “libera associazione” cioè l’uso dei pensieri che emergono spontaneamente, divenne di importanza enorme per lo sviluppo ulteriore della psicologia.
Però, per ammissione dello stesso Freud, l’accezione psicodinamica di “complesso” è dovuta a Jung, difatti, sul complesso si fondano le primissime ricerche e studi sin dall’inizio dell’iter professionale di Jung (P.F.Pieri,1998)
L’importanza delle scoperte di Freud fu tale che è facile spiegarsi l’impatto profondo che ebbero su Jung che si dedicò, infatti, alla ricerca utilizzando gli strumenti psicologici, con i quali familiarizzò, a partire da Studi sull’Isteria, divenendone poi un esperto.
Nel 1904 (ricerche sperimentali) mise a punto l’esperimento associativo riguardante le associazioni verbali, esperimento compiuto su soggetti normali e malati (Psicologia della dementia praecox,1907), nel quale viene innestata alla teoria del complesso, la dinamica della pulsione sessuale della teoria freudiana.
Jung si trovò d’accordo con Freud sul fatto che per affrontare l’inconscio bisognava indagare sulle circostanze che comportavano perturbazioni sul comportamento abituale. Ma contrariamente a Freud, che riteneva quali fattori di precipitazione dei fenomeni psichici, gli affetti traumatici, Jung riteneva fattori centrali che agivano nei sostrati della psiche, i complessi a tonalità emozionale.
Come ebbe a sottolineare Bleuler, le ricerche avviate da Jung erano di  considerevole rilevanza poiché fornivano intuizioni inaspettate dei “meccanismi inconsci della psiche oltre a evidenziare il lavorio inconscio della mente”. Le indagini sulle malattie mentali portò allo studio sul funzionamento dell’attività associativa  di pazienti emotivamente disturbati.
Wundt e la sua scuola avevano dato una interpretazione insufficiente, classificando come “errori” le risposte non aventi alcuna pertinenza con le parole-stimolo e ciò per il fatto che le sue ricerche erano finalizzate esclusivamente allo studio delle connessioni tra associazioni e disturbi dell’attenzione escludendo il fattore emotivo, fattore invece rilevante per Jung.
Perseverazione, prolungato tempo di reazione, assenza di reazione, errori nella ripetizione delle parole-stimolo, a lungo trascurati,  assunsero agli occhi di Jung  uno straordinario potere di attrazione, destinati ad assumere significato di “indicatori di influenze emotive” e chiamerà Complesso emozionale, le “reazioni difettose” dovute all’aspetto affettivo.
Jung parla dell’esistenza di  gradi diversi dell’inconscio e i disturbi associativi devono essere letti come segno di “indicatori complessuali” e non necessariamente come il risultato della rimozione di contenuti affettivi connessi alla esperienza traumatica.
Il complesso ha carattere di alterità e rimanda alla nozione di autonomia del complesso rispetto alla coscienza, e indica, inoltre, la sua indipendenza dalla volontà, dalle ragioni e intenzioni del complesso dell’IO
L’IO, termine usato da Jung nell’accezione specifica di complesso funzionale di rappresentazioni, costituisce il centro della coscienza ossia tutto ciò che il soggetto sperimenta come identico e continuo con sé stesso (P.F. Pieri).
Essendo l’IO un complesso di rappresentazioni consce, contiene dunque, quanto il soggetto sa di sé, vale a dire, le caratteristiche del suo peculiare modo di essere che egli accetta giacché risultano allineati e concordanti con i valori, gli ideali, i principi del contesto ambientale, sociale cui appartiene e nel quale si riconosce.
Psicodinamicamente parlando, all’IO si contrappongono (teoria degli opposti) un Non-IO e un alter-ego (Ombra); l’IO è altresì inteso come funzione mediatrice tra coscienza e inconscio, tra individuale e collettivo, e quindi, seguendo questo schema , la psiche del soggetto è continuamente in rapporto a) col mondo esterno, inteso come rappresentazione psichica della realtà esterna; b) al mondo interno tramite l’IO; in base a ciò l’IO stesso utilizza altre due funzioni psicologiche che sono tra loro in relazione di complementarità: la Persona e l’Anima.
In quanto funzione razionale dell’IO, la coscienza è, per sua stessa natura, discriminazione, distinzione tra IO e Non-IO, tra soggetto e oggetto, ecc. per questo Jung preciserà che la separazione degli opposti si deve alla coscienza e ai suoi fattori distintivi sul piano dei processi cognitivi ed affettivi. Continua.....
Dr.ssa Donatella Steck

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19 maggio 2011
Per Jung la psiche individuale non è un’unità indivisibile ma si può scindere in frammenti di personalità e nel 1936 sottolineo la tendenza dissociante della psiche, pur tuttavia non pensò affatto che questa potesse portare alla distruzione della continuità dell’esperienza (Determinanti psicologiche del comportamento umano, in vol.8, pag.139), rimarcando, però, che la disintegrazione della personalità poteva avvenire esclusivamente in presenza di fenomeni psicotici.
I frammenti psichici sono manifestazioni di complessi inconsci e Jung precisa che “complesso” significa una costellazione che è rimossa nell’inconscio, qui segue e conduce una esistenza attiva e autonoma. Quando si usa il termine “costellazione” in psicologia, si vuole intendere un contesto psichico attivo i cui molteplici elementi come sentimenti, percezioni, pensieri, ricordi, sono unificati dalla tonalità affettiva che li accomuna.
Più il campo della coscienza di un individuo è limitato, più i suoi contenuti psichici appaiono come se esistessero al di fuori, come immagini, proiettate all’esterno.
I contenuti inconsci proiettati all’esterno sono complessi autonomi che, indipendentemente dalla coscienza, vivono un’esistenza propria nel Non-IO psichico. Quando Jung parla di “autonomia del complesso” intende indicare che l’esistenza del complesso, nel suo essere “struttura e fattore psichico”,  è indipendente dalle ragioni, dalla volontà e dalle intenzioni del complesso dell’IO.
Ogni complesso ha due specifiche caratteristiche: autonomia e automatismo che gli consentono di essere individuato. ved. Tab.


Caratteristiche di ogni Complesso


Autonomia
Automatismo


Attraverso le quali può essere individuato. Sul piano fenomenico l’autonomia si manifesta come rottura della continuità del comportamento; automatismo: inizio, durata e fine sono attivati in maniera autonoma.
Da queste due caratteristiche derivano:



> Organizzazione
Collega tra loro i diversi elementi

> Codice
Selezione e decifrazione i diversi stimoli ricevuti
> Capacità di decodificare
Decifrare stimoli provenienti dal mondo, dal corpo e da altri complessi
> Capacità di Risposta
A differenti livelli: Risposte complessuali espresse a livello somatico, oppure più estesamente e quindi psichicizzate. Costruzione di deliri paranoicali, fenomeni di personalità multiple, ecc.

Da ciò deriva che ogni risposta complessuale esprime gradi differenti di organizzazione e in base alla intensità della carica energetica .


Modalità tipiche di risposta
Tipo fisiologico: automatismi corporei
Tono affettivo: ogni complesso ha una specifica e coerente tonalità affettiva (radici istintuali archetipiche; istinto, esperienza attuale)
Significato pragmatico: comportamento è colto nella sua intenzione significante, finalità compensatoria
Significato semantico: comportamento coerente e concordante sul piano ideativo e affettivo; assimilazione, aggregazione
Significato simbolico: espressione di rappresentazione di qualità simbolica

Dalla teoria dei complessi si fonda una specifica teoria del disturbo mentale, quest’ultimo sembra essere il prodotto della associazione di complessi opposti tra loro.

Costellazione dell’IO
E’ l’insieme di elementi psichici dotati di forte tonalità affettiva, raccolti intorno a un contenuto psichico cosciente o inconscio detto Nucleo. Il Nucleo è caratterizzato dal fatto che è carico di energia e di significato quindi di contenuti cognitivo-affettivi.
Conformemente alla concezione inerente la libido e quella riguardante il simbolo, la psicologia di Jung ritiene che il Nucleo abbia:
Per quanto riguarda la Libido: una specifica Quantità }   di valore
Per quanto riguarda il Simbolo una precisa Qualità    }    costellante
Un Nucleo ha la capacità di mettere in azione specifici significati psichici poiché possiede Energia, Forza, Influsso.
Rimanendo alla teoria dei complessi, il comportamento è l’effetto di un’azione costellante e possiede capacità costellanti. Questo vuol dire che da un lato la Costellazione produce o nuovi complessi psichici o attiva complessi già esistenti; d’altro canto il Complesso è in grado di costellare ulteriori associazioni secondarie. In base a questa nozione Coscienza e Inconscio sono considerati prodotti di una Costellazione Complessa. Vengono colte le capacità costellanti sia dell’atteggiamento conscio sia di quello inconscio. Si fa riferimento ad una Costellazione Cosciente per esprimere il fatto che ogni determinata situazione esterna alla coscienza provoca nella psiche un processo di raccolta e approntamento di contenuti altrettanto determinati. Inoltre ci si riferisce a costellazioni inconsce a proposito dei fenomeni del sogno, della proiezione e dell’identificazione.
Dr.ssa Donatella Steck

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C.G.Jung : Opere, l'Io e L'inconscio, e citaz. in art.
C.G.Jung : Determinanti psicologiche del comportamento umano, in vol.8, pag.139
L. Frey-Rohn L'esperimento di associazione e il complesso a tonalità affettiva
P.F.Pieri Dizionario Junghiano