Tutti i testi, gli articoli e altro materiale consultabili nel blog sono coperti da copyright e i diritti sono di proprietà esclusiva degli autori. Per qualsiasi utilizzo del materiale, anche non commerciale, si prega di citare le fonti e la bibliografia e di contattare gli autori. cell. +393479475775
Lavoro di analisi effettuato coralmente con il gruppo discenti Upter nel corso delle lezioni AA 2011-2012
Lavoro di analisi effettuato coralmente con il gruppo discenti Upter nel corso delle lezioni AA 2011-2012
Donatella Steck
Dottore in Psicologia Clinica-Psicoterapeuta
Cell.+393479475775-e-mail dosteck@tin.it
Lezione 13 febbraio 2012
Suggerisco di leggere questo libro, oltre per il simbolismo che affiora
con la leggerezza di una farfalla, principalmente per la “metrica” con cui è scritto che assorbe senza che ci si renda conto del tempo, e per la profondità dei ragionamenti che l'autore fa, tra sé e sé. "rivelando verità innegabili sul senso della vita, in generale e in particolare, come si 'incrocia' con l'individuo". (Vittoria).
E' come vedere un film più che leggere il libro. Le immagini si affacciano potenti e incisive.
Il tema che ritorna è quello della solitudine: del camoscio e dell'uomo, due vite che si intrecciano fino al compiersi di un destino naturale.
L'autore è un uomo che ama e conosce molto bene la montagna. E' un alpinista assuefatto agli odori, ai colori, ai pericoli e alla perfetta armonia della montagna.
De Luca ha scritto pagine che invitano a meditare, a riflettere, che sembrano giungere da una storia vera: quella di Franco Miotto.
Chiamato il "re dei viaz" (i viaz sono i sentieri aerei sulle montagne bellunesi, sembra che soltanto Miotto e i camosci conoscono molto bene), Franco Miotto è un uomo che quando abbatté il più bel camoscio che mai avesse visto prima, un re delle alte vette bellunesi, comprese la parte più triste del vivere: niente resta come prima dopo aver realizzato un sogno.
Una scrittrice, Luisa Mandrino in "La forza della natura ", 2002, aveva descritto e raccontato in stile romanzesco, la vita di Franco Miotto.
Questi era il re della caccia, ma di punto in bianco decise di lasciarla; si capisce che la decisione è la conseguenza della morte che lui aveva dato al più bell'esemplare di camoscio mai incontrato nella sua lunga storia di cacciatore.
"Fu un tuffo al cuore, forte e disperato e quel colpo appena sparato perse il suo valore e la sua precisione e sembrò all'improvviso, odioso e tirato a caso, Franco sentì di essere fuori posto, come se si fosse impadronito di un sogno altrui. Tutto quel che non aveva mai visto fu chiaro in quel momento." (Luisa Mandrino, ibidem).
Così, anche per il cacciatore di De Luca: "Niente aveva capito di quel presente che era già perduto. In quel punto finì anche per lui la caccia, non avrebbe sparato ad altre bestie. Il presente è la sola conoscenza che serve. L'uomo non ci sa stare nel presente".
Così, anche per il cacciatore di De Luca: "Niente aveva capito di quel presente che era già perduto. In quel punto finì anche per lui la caccia, non avrebbe sparato ad altre bestie. Il presente è la sola conoscenza che serve. L'uomo non ci sa stare nel presente".
Nel suo racconto De Luca ci offre l’occasione di apprendere la lingua del
camoscio e della natura circostante, della montagna, del bosco di larici, delle
lotte per la sopravvivenza, di un mondo troppo in anticipo dimenticato dalla
ragione calcolante che usa strategie e tattiche.
Il re dei camosci si muove fiutando l’aria, riconoscendo in anticipo
rispetto all’animale uomo, gli odori che si imprimono in lui, marchi di
riconoscimento del pericolo, dell’allerta.
Si sposta negli anfratti della montagna, impennato sui pendii vertiginosi
o improvvisamente sospeso nell’atto di un salto sul picco di una roccia
inaccessibile all’altro, che
impropriamente condivide il titolo: il
cacciatore re dei camosci.
Il camoscio è forte, potente, si muove sfruttando la forza del vento di
montagna, si aggira sugli alti pianori, schizza su strapiombi, si dilegua, osserva saldato sullo sbalzo di
uno spuntone di roccia, i pratoni sotto di lui dove le femmine e i piccoli nati
a primavera, e i giovani maschi – uno di loro lo spodesterà – sono al pascolo.
Molto volentieri sosta lontano, non lo vedi, si nasconde alla vista,
rimane immobile poi scompare dentro l’entrata di una caverna, luogo
inaccessibile all’uomo.
Il bracconiere e la sua cecità. Anche lui come il camoscio ha fondato la
sua esistenza sulla forza, sulla potenza e sulla sua abilità nello scalare la
montagna, nel coprire il suo odore (le tracce dell’uomo), nel sapere attendere.
Contrariamente all’animale egli è svantaggiato perché la montagna non è il suo
habitat naturale e la sua sopravvivenza dipende dall’abilità nell’attuare
strategie e tattiche.
L’uomo e l’animale si fiutano, si conoscono e ri-conoscono, al loro modo si rispettano, si scrutano
rimanendo a distanza fino a quel giorno di novembre in cui l’ultimo duello li inchioderà saldando i
corpi in un abbraccio finale e sotto lo sguardo immobile della montagna testimone della conclusione di due destini diversi eppure uguali.
E’ il compiersi di un destino naturale: si chiude, al ritmo della natura,
un ciclo.
E poi il tempo. La ciclicità. Il ritmo. La comparsa rapsodica (non solo
nell’accezione di poetica, anche nel significato di irregolare, discontinuo,
come il volo della farfalla) di una farfalla.
Nel racconto, come nel sogno, la ricca simbologia ci aiuta ad abbattere
le barriere del pensiero geometrico, del bisogno e dell’esistenza perentori del
fatto, dell’esistenza di un soggetto e di un oggetto, di un linguaggio soverchiante
e ridondante.
La natura è il dominio della libera manifestazione della relazione, non
simmetrica, non lineare, non circolare.
La natura è la dimensione in cui trova libertà di apparizione e di
espressione il miracolo della vita.
Dr.ssa Donatella Steck
Lezione del 20 febbraio 2012
Sin dalle prime battute
del racconto, ci troviamo di fronte ad alcune pennellate stilistiche che
richiamano immagini potenti alla nostra mente. E’ come venire trasportati in
un’epoca antica eppure presente in quanto sembra essersi iscritta nel nostro
DNA.
Come in un teatro
antico, seduti nella cavea assistiamo
allo svolgersi di un dramma.
Tutto intorno, a cielo
aperto, la Natura ,
con la flora e la fauna, "è il Coro privilegiato messo a nostra
disposizione". (Pietro)
Immersi nel racconto
diventiamo un tutt’uno col paesaggio e
l’atmosfera emotiva.
Strano a dirsi ma ci
schieriamo dalla parte del camoscio e del suo ambiente, proviamo una "sensazione
di fastidiosa irritazione nei confronti del bracconiere" (Anna), esultiamo quando
l’astuzia dell’animale la fa in barba al’uomo, proviamo sofferenza quando la
pallottola del fucile uccide la madre dei camosci ancora cuccioli, lasciandoli
privi di sostegno, protezione, nutrimento, regole.
Ciò vale per tutti gli
esseri viventi.
Il primo
contatto-esperienza che il camoscio ha dell’uomo si lega all’Odorato; le sue
giovani narici si impregnano dell’odore pungente ed acre della polvere da sparo
e di quello dell’uomo: prima traccia di un corpo estraneo che entra nella sua
esistenza e resterà indelebile.
I cuccioli d’uomo non
sono dissimili. Gli organi di senso e il loro funzionamento servono a fare sì
che l’informazione proveniente dall’esterno si traduca in conoscenza della
realtà e, in caso di pericolo, ad attivare opportuni meccanismi di difesa .
Essi sono la nostra
stessa esistenza e rimarranno (salvo eventuali patologie) attivi per tutto
l’arco della nostra vita. Sono connessi alla vita istintuale primaria, in ciò
identici a tutti gli animali (inferiori e superiori), ma l’uomo, avendo
sviluppato il pensiero razionalizzante se ne discosta perdendo contatto con una
fonte originaria di informazioni il che corrisponde a malattie esistenziali,
insoddisfazioni, nevrosi.
I cinque sensi ci sono
noti: olfatto, vista, tatto, udito, gusto, più propriamente sono definiti
esterni; quanto percepiamo dell’esterno ha risonanza interna non solo corporea,
è ciò che di solito ci spinge a parlare di “vissuto” interno. I sensi ci
mettono in contatto con il mondo e a comportarci di conseguenza. I cinque sensi
sono il nostro presente, collegati ad
organi corporei, sono il radar che ci guida a muoverci nel mondo, sono il filo
conduttore che mette in relazione corpo umano e apparato psichico, il
simbolismo è particolare e riflette ciò che noi siamo, mettono a nudo le nostre
imperfezioni, cioè la nostra essenza psichica con i suoi difetti.
Il camoscio, così come
tutto il mondo circostante, è al riparo nel suo “guscio” protetto della sua
istintività.
I sensi sono la
testimonianza della nostra natura animale:
Il naso (olfatto) serve
per “fiutare l’aria”, “fiutare un pericolo”, un modo per “odorare” la realtà,
per riconoscere un amico da un nemico; è l’odore della madre che indirizza il
bambino ad avvicinarsi al suo (non un altro) capezzolo per succhiare il latte.
Sono gli stimoli olfattivi che guidano l’animale a ispezionare la realtà
circostante, odori che noi uomini non riusciamo a cogliere.
Gli occhi (vista) per
“guardarsi intorno”, osservare l’ambiente circostante e “coglierne anomalie”,
un “movimento insolito”, distinguere la luce dal buio, danno nascita al mondo,
questo, infatti, diventa percettibile, diventa realtà. Alcuni animali,
contrariamente all’uomo, riescono a vedere raggi ultravioletti.
Le orecchie (udito), sono fondamentali, ma diversamente dagli animali noi non riusciamo a sentire tutti i
suoni possibili, per esempio, quelli troppo acuti, gli ultrasuoni; anche
l’udito è un modo di “vedere” la realtà, basti pensare ai pipistrelli.
La bocca (con la lingua
e le papille gustative- gusto), “assaporare” la realtà, “riconoscere” il dolce, il salato, l’amaro, l’acidulo. Su
questa base ogni essere vivente è in grado di valutare e riconoscere,
apprezzare, la gamma di diversi sapori.
La pelle (tatto) è una
vasta superficie del nostro corpo, è il confine tra il dentro e il fuori, tra
il me e il non me. “toccare la realtà” significa saggiarla, percepirla,il tatto
ci dice se una superficie è ruvida o liscia, calda o fredda, accarezziamo o
feriamo, entriamo nel corpo dell’altro tagliando lo strato protettivo: la
pelle.
Il camoscio uccide il
rivale entrando con il suo corno uncinato nel sottopancia provocando uno
squarcio nel corpo, penetrando nella sua pelle.
I cinque sensi seguono
un tempo e un ritmo , è una danza di connessioni, intrecci, fili conduttori,
insieme lavorano per fornire un adeguato adattamento nel mondo.
In conclusione:
Le nostre sensazioni,
spesso bistratate, e poco “ascoltate” isolate persino da noi stessi, questo
stato di cose ci rende ciechi, sordi, perdiamo il gusto della vita, l’olfatto è
grossolano, la sensibilità del tatto quasi scomparsa. La solitudine è una
prigione costruita dall’uomo.
La sua corsa all’oro di
un’intera vita, sempre proiettato in avanti o indietro e mai centrato sul
momento, la smania di possesso insita alla consapevolezza di essere superiore
ad ogni altra “cosa” gli lascia solo brevi sprazzi di lucidità su ciò che è
davvero fondante nella vita, sprazzi relegati a momenti di “crisi” personale
nei quali, riconoscersi l’animale meno umano, potrebbe servirgli da sprone a ricollegarsi
con quegli elementi relegati in uno spazio angusto, buio, umido il più
possibile lontano da sé.
Nondimeno se soltanto ci
fermassimo al centro della scena, a pensare a quanto siano importanti i passaggi esistenziali: sono quelli che ci permettono di andare e venire nel tempo e nello spazio pur rimanendo fermi, seduti in poltrona, sprofondati nel divano, sdraiati nel letto, se soltanto recuperassimo quelle sensazioni che da piccoli rappresentavano il nostro mondo reale!
Passato e presente si intrecciano, linee sottili che ricamano il nostro destino, le nostre esperienze, la nostra coscienza.
Il Bracconiere è la rappresentazione di un certo tipo di uomo, il camoscio è per certi versi la sua parte inferiore, il suo controaltare.
Passato e presente si intrecciano, linee sottili che ricamano il nostro destino, le nostre esperienze, la nostra coscienza.
Il Bracconiere è la rappresentazione di un certo tipo di uomo, il camoscio è per certi versi la sua parte inferiore, il suo controaltare.
Il tempo del cacciatore
è il tempo premeditato, che ha un termine, è contrassegnato da una prerogativa
mortale.
Il camoscio è al centro
del ciclo vitale: questo è il suo tempo.
Dr.ssa Donatella Steck
Dr.ssa Donatella Steck
Lezione 27 febbraio 2012
E’ un mattino freddo di novembre quello che vedrà i due “re”
dei camosci andare incontro all’ultima stagione dei rispettivi regni.
Entrambi sembra abbiano
fondato la loro esistenza sulla forza, sull’abilità specifica di sopravvivere
alle situazioni più estreme (per il bracconiere in misura maggiore rispetto al
camoscio), e su un istinto primordiale che li porta a conoscere il mondo della
montagna.
Per l’animale è il suo
mondo, lo conosce in maniera naturale,
esso appartiene a quell’ambiente; per l’uomo l’adattamento è stato ed è molto
più difficile, soltanto con le strategie egli riesce ad aggirare gli ostacoli,
a superare i limiti.
E’ il mattino in cui
animale e uomo sentono giunto il momento in cui si concluderà la loro
esperienza di vita e di dominio sulle vicende delle loro esistenze.
Colpisce la profondità
dei ragionamenti che l'uomo fa tra sé e sé, sulla sua solitudine, sul senso
della vita, appare strano per un bracconiere, sempre dedito all’arricchimento e
al possesso, ma oggi egli sa.
Il camoscio osservando
le femmine e i giovani maschi sa che uno dei suoi figli lo spodesterà.
L’uomo e l’animale si
conoscono bene, si riconoscono e, a loro modo, si rispettano; entrambi hanno il
fiuto fine, riconoscono l’odore l’uno dell’altro, si scrutano a distanza e si
combattono con astuzia e intelligenza: due figure inchiodate al destino e al
ritmo della montagna.
Oggi è il giorno
dell’ultimo incontro e dell’ultimo duello.
Nel racconto si
incontra una farfalla, compare e scompare, appare qua e là in piccoli scorci
episodici quasi marginali; poche righe inserite di tanto in tanto nella
narrazione, come un volo in apparenza privo di direzione.
Occorre però credere
che l’autore abbia voluto assegnare a questi brevi accenni grande rilevanza se
vengono condensati nel titolo dato al racconto.
Il peso simbolico.
Il mattino è l’inizio
dell’esistenza, della prima parte dell’esistenza, ma questo è il mattino della
presa di coscienza, della chiarezza che indica il compiersi di un ciclo.
Sospeso nell’aria il
camoscio sorpassa la testa dell’uomo, il movimento smuove l’aria, un battito
d’ali e il bracconiere si gira, imbraccia il fucile e la pallottola schizza
veloce e raggiunge il bersaglio.
Per il cacciatore,
tutto quel che non aveva mai visto divenne chiaro all’improvviso.
Guardando il più bel
camoscio abbattuto rimase incredulo di fronte alla scena che si presenta ai
suoi occhi: prima le femmine con gli ultimi nati in primavera, poi i giovani
maschi, si piegano rendendo omaggio al loro re, non mostrando timore, quasi
indifferenti della presenza dell’uomo,
importa solo l’ultimo saluto a chi ha dato loro la vita. Quaranta occhi di
camosci sopravvissuti che non avevano paura, guardarono il bracconiere e uno
alla volta resero onore al più magnifico camoscio mai esistito.
Anche l’uomo non
poteva lasciare quella carcassa alla voracità dei predatori, decise di
seppellire quel corpo, caricandoselo sulle spalle e cadendo sotto il suo peso.
In primavera un
boscaiolo li trovò abbracciati nell’attimo finale di due vite diverse eppure
per certi versi uguali.
Nessuna tristezza né
malinconia nella fine di queste due vite, una farfalla bianca testimonia un
ciclo giunto al suo termine.
La visione della farfalla posata sul muso del camoscio e sul fucile del bracconiere, come il peso della vita di ciascuno, delle azioni, del pensiero, su di un mondo che esiste da prima che arrivasse l'uomo e che l'uomo dovrebbe abitare con rispetto anziché cercare, sempre, di possederlo.
La visione della farfalla posata sul muso del camoscio e sul fucile del bracconiere, come il peso della vita di ciascuno, delle azioni, del pensiero, su di un mondo che esiste da prima che arrivasse l'uomo e che l'uomo dovrebbe abitare con rispetto anziché cercare, sempre, di possederlo.
La farfalla è un
insetto che compie metamorfosi passando da una forma all’altra:bruco,
crisalide, farfalla.
Allegoria e simbolo
della Psiche (C.G. Jung) indica l’anima, spesso viene rappresentata posta sulla
testa di una persona morta.
Il volo della farfalla
è spezzettato con ghirigori, angoli e spirali. E’ un insetto leggero,
spirituale; spesso collegata a immagini oniriche e della fantasia.
Il miracolo delle sue
metamorfosi ha profondamente turbato l’uomo, per questo la delicata farfalla è
divenuta allegoria e simbolo delle sue trasformazioni psichiche fornendogli
inoltre la speranza di liberarsi un giorno delle contingenze terrestri e
accedere alle regioni eteree d’una luce eterna.
Cornacchia. Dal punto
di vista simbolico non viene distinta dal corvo. In origine il suo piumaggio
era bianco, poi una maledizione del dio Apollo rese le sue piume nere come la
pece.
Impressionano, al pari
dei corvi, per il colore nero e per il loro gracchiare lugubre, l’attrazione
per le carogne. Sorvolano i cadaveri sul campo nel giorno successivo la battaglia.
Astute, diffidenti, accorte, sfruttano il volo potente e alto.
Per la loro lunga vita
sono indicate simbolicamente, come saggezza dovuta alla conoscenza e alla
esperienza.
Psichicamente rappresentano le forze vive che scaturiscono
dalle tenebre dell’inconscio, da cui può uscire tanto il meglio quanto il
peggio.
Messaggere superiori
mandate dall’inconscio, possono rappresentare l’espressione oscura del pensiero
sinistro, delle idee nere, che assalgono improvvise impregnando l’atteggiamento
conscio in relazione a uno scorretto adattamento psichico.
Dr.ssa Donatella Steck
Lezione 5 marzo 2012
Come richiesto ecco
alcune precisazioni e chiarimenti su figure simboliche.
Uccelli: cioè l’anima umana.
Gli uccelli sono un tema ricorrente dal contenuto ricchissimo
di simbolismo; il loro volo li predispongono a fare da simboli ai rapporti tra
cielo e terra. Rappresentano l’anima nella sua natura aerea.
L’anima umana, privata
del corpo, è spesso rappresentata in figura di uccello o come uccello dalla
testa di uomo che nell’antico mondo egizio veniva chiamata Ba.
Nel taoismo il
significato degli uccelli viene trasposto nelle figure che gli Immortali assumono
per esprimere la Leggerezza ,
la Liberazione
dalla pesantezza terrestre.
Sono Otto gli Immortali
che appaiono sotto sembianze di uccelli per significare il superamento delle
contingenze terrene, spaziali e temporali.
L’uccello in generale è
la figura dell’anima che sfugge dal corpo o dalle funzioni intellettuali come
dice il Rig Veda: l’intelligenza è il più
rapido degli uccelli.
Il Rig Veda raccoglie i più antichi documenti dello spirito umano,
definiti la Scienza Sacra.
Abbiamo reperti
preistorici, i disegni delle grotte di Altamira e di Lascaux, di uomini-uccello
che sono stati interpretati come volo dell’anima o volo estatico dello
sciamano.
Diversi sono i
significati che vengono attribuiti agli uccelli, e a questo proposito
sottolineo che le sfumature si collegano alle varie specie di uccelli.
Liberati dalla
pesantezza essi rappresentano la trascendenza, l’immaterialità, il distacco
dall’involucro corporeo che ancòra l’individuo alla terra, figurativamente
rinviano all’immagine dell’elevazione, degli stadi superiori di coscienza, alla
spiritualità.
Rappresentando gli stati
spirituali sono accostati agli angeli altro simbolo degli stati superiori
dell’essere. Anche nell’Islam gli uccelli sono simboli degli angeli.
Numerosi sono gli
uccelli azzurri descritti nella letteratura cinese (epoca di Han); sarebbero
delle fate, dei messaggeri celesti. Il Caos è rappresentato da un uccello
giallo e rosso come una palla di fuoco, non ha volto, è dotato di sei zampe e
quattro ali, è in grado di cantare e di ballare, ma non di mangiare e di
respirare. Gli antichi cinesi coglievano un segno rivelatore quando un uccello
arrivava a distruggere il suo nido, annunciava disordine e agitazione
dell’Impero.
Nella civiltà celtica
l’uccello, in generale, è il messaggero o l’ausiliario degli dèi e del Mondo
dell’al di là: in Irlanda, cigno; gru, airone in Gallia; l’oca in Gran
Bretagna, il corvo, lo scricciolo o la gallina.
Solitamente l’uccello è
opposto al serpente in quanto simbolo del mondo celeste in opposizione al mondo
terrestre.
Dr.ssa Donatella Steck - Gruppo discenti Upter
Dr.ssa Donatella Steck - Gruppo discenti Upter
© Copyright 2007-2011 Dr. Donatella Steck. Powered by Blogger
Tutti i diritti riservati- È vietato prelevare e riprodurre immagini e testi integrali.
- È permesso riprodurre brevi citazioni dai testi, a condizione che sia indicata la fonte con link alla pagina di provenienza.
- È permesso riprodurre brevi citazioni dai testi, a condizione che sia indicata la fonte con link alla pagina di provenienza.